Venticinque anni di attività sono un traguardo notevole. Se poi l’ attività in questione comporta creatività, coerenza e soprattutto sincerità verso se stessi e verso il proprio seguito, gli anni hanno ancora maggior valore. Massimo Priviero questo traguardo l’ ha raggiunto a testa alta e lo ha festeggiato nel miglior modo possibile per un rocker: pubblicando un gran bel nuovo album – Ali Di Libertà – riassuntivo di tutta una vita senza compromessi passata sulle barricate del rock, e portando in giro per l’ Italia, a suon di chitarre e canzoni, le proprie storie. Quale migliore ricorrenza ed occasione, quindi, per parlare con Massimo del nuovo album e di questi 25 anni?
A novembre hai festeggiato 25 anni di attività. Guardando “quel” Massimo Priviero che sensazioni provi ?
A volte sembra un secolo, altre sembra ieri. Gli chiederei se fare la vita che poi ha fatto era quel che voleva e mi risponderebbe di sì. Negli alti e bassi di un’esistenza. Poi prenderei una chitarra e suonerei con lui ad una fermata di metropolitana. E proverei a parlargli come si fa con un figlio che hai nel cuore.
E se potessi parlargli, con il senno di oggi, quali consigli gli daresti e da quali errori commessi lo metteresti in guardia ?
Gli direi che conta sempre essere liberi e veri e che il resto viene dopo. Sarebbe inutile metterlo in guardia da errori perché non mi ascolterebbe. E personalmente, certo, cambierei alcuni passaggi della mia vita perché solo un idiota ti dice “rifarei tutto quello che ho fatto”, ma l’essenza del viaggio rimarrebbe la stessa. Quella di un uomo libero e vero che è l’unico orgoglio che mi porto dietro ancora oggi nella mia vita.
Oltre ad essere un album che cade in una ricorrenza importante, si percepisce dai testi che “tutto” Massimo Priviero, nella sua completezza, è rappresentato in questo lavoro, quasi fosse un punto di arrivo e, contemporaneamente, di partenza...
Lo è. Nulla è più autobiografico di questo album come nulla è più condivisibile. Quando i pezzi della tua esistenza toccano i pezzi di quella che ti ascolta è il momento più importante. Come se condividessi un palco. Che questo sia un arrivo e allo stesso modo una partenza lo scriverà il futuro.
Oltre alla forte componente autobiografica, ho trovato nei testi del nuovo album molti riferimenti letterari, primo su tutti Steinbeck e Furore in Io Sono Là. Ci sono stati dei libri che ti “sono stati a fianco” mentre componevi le nuove canzoni ?
Mi piace che citi Steinbeck. L’ho amato molto. Potrei farti dei nomi di scrittori come Thoreau o poeti come Montale. Ma amo anche molto, ancor più in questi ultimi anni, chi cerca o trova la presenza di Dio nel proprio cammino. Pur nelle sue infinite contraddizioni. E se citi Io Sono là, ti direi che la canzone parte da una frase di un vangelo apocrifo di San Tommaso.
In alcuni brani di Ali di Libertà si avverte, a volte velata ed a volte in modo più esplicito, un forte senso di spiritualità. In un tempo come quello in cui stiamo vivendo, pensi possano convivere l' azione concreta e “materiale” della passione civile con il piano più elevato della spiritualità ?
Sì. Tutta la vita. È certa spiritualità ci può far vedere davvero gli ultimi del mondo e provare a dar loro una voce. Questo è il primo dovere di un uomo prima che di un cristiano. Altri, molto più grandi di me, han provato e provano a dirlo. Non serve che ti citi Francesco. Penso a Carlo Maria Martini o a Padre Turoldo. Dobbiamo provare ad essere nel mondo anche se spesso non ci sentiamo del mondo.
E' bello trovare, dopo così tanti anni di songwriting ma soprattutto in questi nostri tempi, canzoni di passione ancora così forti e sentite. In Alzati, gran pezzo rock su un bel testo dalle visioni dylaniane, sproni ad alzarsi in piedi e ad iniziare un reale cambiamento. Pensi che il rock, quello vero, possa ancora contribuire ad una rivoluzione socio-culturale della stessa portata di quella degli anni '60-'70 ?
Certo rock d’autore può sempre servire a toccare il cuore e la testa di chi ti ascolta. Può farti alzare in piedi e darti una carezza forte. Anzi, è proprio nella necessità di trasmettere forza che è il cuore di tutto quel che scrivo, anche nei tratti più solitari ed intimistici. In tutto questo, il ruolo della musica popolare cambia a seconda dei tempi che viviamo. Mi interessa molto dar forza e condividere il pane con “pochi” senza illudermi che diventino molti. Credimi, i “molti” sono già emotivamente morti da tempo anche se forse è meglio per loro che non lo sappiano.
La passione, la spiritualità, l' amore, il dolore: credi ci siano esperienze o sentimenti che non possano essere rinchiusi in un testo ?
Oh, certamente. È già un miracolo se riusciamo a fermare anche solo un frammento di quella che poi chiamiamo poesia. Tradurre il resto ci è del tutto impossibile, possiamo a volte solo alzare gli occhi al cielo e sorridere o piangere a seconda di come siamo in quel momento. Ma viviamo per quel frammento che riusciamo a fermare e a fissare.
Tu, Massimo Bubola e Giulio Casale, oltre ad essere tutti e tre di origine veneta, avete in comune molte cose: stesse radici e passioni musicali, stessa profondità e ricerca nei testi e stessa schiettezza di sentimenti e parole. Verrebbe quasi da pensare ci sia, involontariamente, una canzone d' autore di “scuola veneta”...
Magari ci fosse! Magari, al di là di qualche incrocio che abbiamo avuto o che abbiamo, si fosse trovato il modo di rafforzare questa “scuola”. Ma noi veneti abbiamo pregi e difetti e tra questi ultimi c’è anche quello di farci spesso colonizzare culturalmente senza rendercene conto, senza valorizzare come si dovrebbe le nostre particolari radici. Non saprei dare una spiegazione sintetica ma questa cosa è sempre stata ragione di un grande dolore per me. E da lì scende tutto il resto….
E' una interpretazione errata pensare che l' ultima canzone dell' album, Bacio D' Addio, sia un bacio d' addio, oltre che ad un amico perduto, del Massimo Priviero di oggi al Massimo Priviero di 25 anni fa, alle sue speranze, alle sue illusioni ed alle sue ingenuità di giovane rocker ?
‘Bacio d’addio’ era il mio amico poi perduto ed anche, se vuoi, me stesso. Era l’innocenza che ci accompagnava e che ho sempre provato a difendere. Non era ingenuità ma, come ti dicevo, era innocenza. Non vendibile. Quel che contava e che conta ancora oggi è continuare ad essere liberi e veri. Le ferite che ci portiamo dentro impariamo a guarirle. Rimanendo vivi. Era anche la promessa che avevo fatto a quel mio meraviglioso amico.
Quali sogni Massimo Priviero vorrebbe vedere avverati entro i prossimi 25 anni ?
Ti direi di un mondo più giusto e più legato all’essenza, anche sul versante materiale, della vita. Che fossimo pure più poveri nel senso migliore e più solidali. Che imparassimo davvero cos’è il bene comune. Per quel che mi riguarda, ti direi che vorrei continuare a fare quel che ho fatto finora. Ma purtroppo non ho una risposta che non arrivi banale. E dunque su questo preferisco guardare a tempi più vicini.
Foto di Ferdinando Bassi